EPIFANIE DELL'ARTEdi Achille Bonito Oliva Se nel corso dei secoli Caravaggio, Vermeer, La Tour, Monet e Balla hanno acceso la luce della pittura, ora Raimondo Galeano l'ha spenta per ampliarne i confini affermando il dominio del colore della notte: il buio. Attraverso un particolare procedimento tecnico, l'artista realizza un paradosso: rendere visibile l'invisibile. E se, per definizione, l'immagine pittorica per essere guardata ha bisogno di una luce naturale o di una artificiale, Galeano azzera tale presupposto e introduce il buio come nuovo contesto di una particolare contemplazione dell'arte. Lo spettatore viene introdotto in uno spazio assolutamente azzerato di ogni supporto luminoso, come introdotto nel cuore di una notte senza stelle. Qui scatta l'epifania di una nuova pittura, l'apparizione di nuove forme visive, astratte o figurative, iscritte direttamente sul muro o altri supporti. Galeano sembra realizzare esteticamente l'intuizione di Stephen William Hawking che lega al buco nero la capacità di essere un aspiratore cosmico di ogni materia circostante. Lo scienziato britannico ritiene che non tutto viene tritato, assorbito e ingoiato dai buchi neri: c'è sempre una qualche particella che sfugge alla morte ed evapora all'esterno. Lo stesso succede nella pittura di Galeano che fonde col colore della notte lo spazio nero in cui colloca le sue opere e ne crea la successiva contemplazione. Infatti, a luci spente, la memoria delle forme realizzate da Galeano sopravvivono come tracce luminose che nessuna entropia può cancellare. Il miracolo avviene attraverso l'affermazione della natura epifanica dell'immagine. Epifania significa apparizione e manifestazione di un nuovo visibile, sorpresa dello sguardo spaesato ed estasiato del pubblico che sembra guardare all'opera come una luce sopravvissuta di una stella morta milioni di anni fa. In tal modo Galeano capovolge l'affermazione di Klee di rendere, con l'arte, visibile l'invisibile ed afferma un nuovo principio complesso ed articolato, giocato tra cancellazione e e affermazione irriducibile dell'immagine. Ecco spiegato la sorprendente affinità tra intuizione scientifica di Hawking e la sensibilità pittorica di Galeano. Entrambi sembrano affermare la speranza irriducibile della vita contro la previsione della morte. La materia-immagine sopravanza l'oscurità del futuro e massaggia il muscolo atrofizzato della nostra sensibilità, affermando la persistenza estetica dell'arte. Per Galeano l'arte è incancellabile, il processo creativo dell'opera è sotto i nostri occhi. La classicità di Raimondo Galeano consiste proprio nell'aver accettato senza scandalo il caso intelligente della vita, la disponibilità dell'universo. L'arte diventa il luogo dove l'artista formalizza tali principi, inglobandoli nell'opera attraversata da una geometria giocata sull'asimmetria che produce dinamicità e non staticità. Infatti, l'artista lavora sempre su famiglie di opere, in quanto derivanti da matrici capaci di moltiplicarsi in forme complementari ma differenti ,fra astrazione e figurazione. In tal modo il concetto di progettualità viene investito di un nuovo senso in quanto non rimanda più ad un momento di superba precisione, ma semmai di verifica aperta, seppure pilotata, da un metodo costruito mediante la pratica e l'esercizio esecutivo. Il metodo rimanda naturalmente a un bisogno di un parametro costante e progressivo, ancorato ad una coscienza storica del contesto dominato dal principio della tecnica. L'opera di Raimondo Galeano, un intreccio tra astrazione e figurazione, è costruita sulla profonda idea ipersoggettiva della differenza. In questo l'artista è portatore sano di un'arte capace di produrre differenze mediante la creazione di forme che utilizzano diversamente standardizzazione, oggettività e neutralità in maniera fertile: è capace cioè di filtrare nell'immaginario di una società di massa, pervasa dal primato della tecnica e da questa svuotata di soggettività e di spiritualità. Ma questo svuotamento non è visto nell'arte come una perdita, come potrebbe sembrare ad una mentalità tardo-umanistica o marxista. Invece diventa il portato di una nuova antropologia dell'uomo che funziona secondo un metabolismo di ragione modulare che non significa, però, ripetizione simmetrica, ma moltiplicazione asimmetrica, applicazione appunto delle nuove regole del caso intelligente contrapposto al caos indistinto. Caso intelligente significa capacità dell'uomo di accettare le discontinuità senza cadere nella disperazione di una razionalità incapace. L'accettazione nasce dalla perdita di superbia del logocentrismo occidentale che ingloba la paziente analiticità del mondo orientale e si muove pragmaticamente non in assetto di guerra, ma di disponibilità verso il mondo. Un mondo globalizzato nel quale le influenze sono reciproche tra Occidente e Oriente. Nell’opera di Raimondo Galeano esiste la fiducia nella ragione etica dell'arte, capace di fondare forme linguistiche adeguate al proprio tempo. La differenza sta nella diversa nozione di utopia impiegata dagli artisti occidentali, operanti nella società tardo-capitalistica della fine del ventesimo secolo, dove prevale un concetto di utopia positiva, peraltro presente in tutte le avanguardie storiche del nostro secolo. L'idea, appunto, di un potere dell'arte e del suo linguaggio di essere capace di ribaltare il proprio ordine sul disordine del mondo. L'ottimismo occidentale della ragione, seppure in questo caso creativo, di essere capace di incidere sul processo di trasformazione del mondo e dei comportamenti sociali. Nell'opera di Galeano abbiamo il prevalere di un intreccio tra molteplici linguaggi, perché l'arte tende a rendere evidenti le forme, a dare corpo anche alla geometria. Le forme bidimensionali o tridimensionali sono sempre concrete realtà linguistiche, affermazioni di un ordine mentale mai repressivo e chiuso, ma germinante ed imprevedibile. In ogni caso le forme germinano e si moltiplicano con improvvise angolazioni, che dispiegano le potenzialità di un nuovo erotismo. Queste forme sono sempre di una monumentalità domestica, che non allude alla prepotenza del grattacielo americano o alla retorica della scultura. Antiretorica è l’opera di Raimondo Galeano, tesa a restituire una condizione interiore e mentale dell’uomo. Qui la visione è anti-prospettica, questa pittura astratta guarda il mondo da più punti di vista con uno sguardo sempre in movimento che crea immagini dinamiche. Questo non vuol dire voler produrre una convenzionale guerra alle forme esistenti nella realtà, semmai voler realizzare un campo linguistico di analisi e sintesi. L'analisi è prodotta dalle possibilità di verifica sulla germinazione di queste famiglie di forme epifaniche, e la sintesi della forza delicata dell'insieme che si dispiega sotto i nostri occhi. La germinazione della geometria asimmetrica produce anche un’originale esecuzione dell’opera, che apre la propria possibilità di esistere completamente nella solidarietà del sociale. In tal modo l’arte riprende il suo antico statuto di lavoro concreto. Luoghi di confluenza sono le forme epifaniche dell’artista, dove pensare ed agire, progetto e realizzazione, si intrecciano concretamente per fondare un sistema produttivo non soltanto di forme ma anche di comportamenti sociali. Secondo Klossowski “ogni iniziativa sperimentale esige un’interpretazione delirante, estremamente lucida”, e il rapporto tra l'artista e il linguaggio poggia sulla considerazione che esso costituisce la realtà totale con cui confrontarsi, il punto di partenza da cui muoversi per eseguire la sperimentazione di una possibile lacerazione capace di fondare una nuova articolazione. L'arte richiede sempre un'iniziativa sperimentale come approdo ad una forma capace di tramutare l'impulso della fantasia in un risultato oggettivo. La sperimentazione non riguarda semplicemente il campo della tecnica esecutiva, ma piuttosto il metodo e dunque la continuità di un'ottica che non conosce insicurezza od esitazione. La pulsione dell'artista trova nel linguaggio il campo entro cui il gesto diventa tracciato evidente. Nella misura in cui Raimondo Galeano si muove sotto la spinta di una necessità personale, dunque non precostituita nel suo esito espressivo, è richiesto il coraggio di una «iniziativa sperimentale» che di per sé confina con uno stato delirante. Delirante significa uscire fuori dalle righe, oltrepassare la misura organizzata dalle acquisizioni precedenti del linguaggio. Raimondo Galeano possiede la coscienza di tale condizione, la consapevolezza dell'eccedenza necessaria per fondare un'immagine personale. Per approdare al risultato della forma l'artista si arma di un'estrema lucidità, che lo porta ad un controllo del delirio senza però ridurlo d'intensità mediante il controllo della pura ragione. Egli realizza opere che rappresentano la condensazione formale di una visione. Essere visionari non significa necessariamente alterare le simmetrie della comunicazione linguistica, ma semmai portarle in una condizione di corrispondenza col proprio immaginario. La forza dell'artista consiste nella capacità di costruire un paesaggio di forme che non intendono, nella propria alterazione, misurarsi con i codici visivi della realtà. Egli non ha risentimenti verso le cose che lo circondano, ma – armato da un'indispensabile senso di onnipotenza – adotta la creazione artistica come strumento per costruire un universo autonomo e separato dalle cose stesse. In tal modo le sue immagini non sono infantilmente trasgressive rispetto ai canoni di armonia, proporzione e simmetria. Non costituiscono un paesaggio di risentimento iconografico, puramente sentimentale, speculare al freddo paesaggio che circonda l’uomo. Raimondo Galeano si pone, rispetto al linguaggio, nella condizione del costruttore che intende realizzare con armi proprie un mondo come volontà e rappresentazione della propria visione. Egli utilizza il delirio lucido di un procedimento creativo tutto fondato sull'economia del linguaggio frutto di un intreccio tra astrazione e figurazione. Le opere che posseggono la tensione plastica s'inscrivono sulla tela bidimensionale o nello spazio tridimensionale con la forza e la necessità delle proprie interne proporzioni. Un senso della costruzione assiste l'opera, realizzata sempre con la consapevolezza di un insieme che deve reggersi attraverso un'autosufficienza formale. Una forza verticale sorregge l’immagine, in quanto questa deve sfidare la legge gravitazionale, cioè la possibilità di tenere in piedi un sistema di segni non arbitraria, ma che chiede regole proporzionate allo sforzo ed alle tensioni interne al linguaggio adoperato. Ogni opera richiede una particolare cura ed un’attenzione proporzionale alla fondazione della nuova epifania. Come Alice nel Paese delle meraviglie, Raimondo Galeano sa bene come sia indispensabile oltrepassare la soglia dello specchio prima della realizzazione di ogni opera. Tale passaggio preventivo garantisce all'artista di liberarsi dell'ottica quotidiana, del procedimento tradizionale, dello sguardo normalizzato ed infine della sorpresa che deriverebbe se adottasse l’arte come flagrante processo di superamento della realtà. L'artista supera la soglia dello specchio, del puro rapporto speculare con le cose, nel momento in cui adotta la decisione di essere artista, di farlo e di produrre immagini. Da questo momento per lui non esistono sorprese e nemmeno il ricordo di antiche regole. Egli assume una «iniziativa sperimentale», che lo emancipa stabilmente da ogni condizione euforica o semplicemente trasgressiva e lo porta ad approdare alla fondazione di un universo iconografico assolutamente armonico con la sua fantasia. L'opera di Raimondo Galeano tende sempre ad una forma totale, intendendo con questo l'approdo ad una corrispondenza tra sentimento e forma visiva. L’opera non designa mai la condizione del frammento, di un dettaglio che naviga separato da un sistema d'insieme. L'insieme è il risultato continuamente conseguito dall’artista, armato da una sensibilità vitale che lo porta sempre nella condizione del demiurgo. Per questo la sfida del linguaggio astratto, in quanto sostenuto da un delirio spazio temporale, lo porta sempre a saper stabilire le condizioni indispensabili adatte ad ogni specifica costruzione. L’artista adotta il doppio sentimento della nostalgia e della paura, che lo porta a stabilizzare il nietzschiano pathos della distanza verso il linguaggio, l’unica realtà su cui e con cui costruire la sua immagine. Nostalgia verso una storia che sembra sempre più separarsi dalla natura, e la paura della violazione insita nell'iniziativa sperimentale, l’unica capace di riportarla verso la fondazione mediante la forma di un sentimento naturale. Ma tutte le forme epifaniche di Raimondo Galeano hanno la forza di resistere anche fuori da ogni rimando, tasselli astratti di materie e colori che resistono per interna autonomia fuori da ogni dettato della memoria. Da qui i titoli delle opere che rispondono soltanto all’economia della fantasia artistica. La volontà di potenza che regge la creatività dell’artista, porta fuori dalla possibilità di considerare l’opera come un semplice reperto della fantasia, dettaglio metaforico sottratto ad un’ipotetica totalità. La distanza permette il distacco necessario per armare il linguaggio nella sua potenziale intensità. Il pathos è insito nella consapevolezza dell'artista di sviluppare una lotta capace di portare il linguaggio in uno stato formale assolutamente inconcepibile prima del suo intervento. La violazione della lingua storica dell'arte implica la sincera paura dell’artista che non lotta con i fantasmi, ma con la necessità impellente di portare ad esistenza ed a vita formale impulsi attinenti alla natura divina dell'uomo, alla sua evidente capacità creativa. L'evidenza è l'allegro dramma dell'artista che deve sfidare il semplice aspetto fantasmatico dell'immagine e l'incredulità del mondo. La ricerca di un possibile passato, capace di far da fondamento, è costante nell'opera dell'artista che non cerca la sua pura celebrazione, ma piuttosto il suo innervamento nel presente. Questo sforzo eroico sostiene tutte le forme epifaniche di Galeano: dare statuto di leggibilità alle opere attraverso il sostegno di una storia che non può essere rimossa, ma piuttosto messa alla prova duramente mediante l’impiego di una memoria filosofica e iconografica. L’opera dell'artista coniuga un tempo totale, che contiene quello iniziale della vita e quello finale della morte, termini appartenenti anche al destino dell'uomo. Nella tensione tra vita e morte, tra presente e passato, Raimondo Galeano trova il tempo della resurrezione del linguaggio capace di fondare il senso eroico di un'immagine costruita nella sua ossatura. Qui non esiste l'apparenza deteriorabile della carne, ma lo scheletro polposo ed essenziale di un linguaggio durevole nel tempo. Da qui la libertà dell'arte, la sua espansione in una grande epoca di pace. L’opera di Raimondo Galeano occupa un posto sicuramente originale nel panorama internazionale, mediante un linguaggio astratto che sfonda la cornice del quadro ed invade l'architettura del vissuto. Il risultato è una pittura che assume la cadenza spaziale del concavo, una curvatura che include lo sguardo e la complessità sensoriale dello spettatore. Perché qui l'arte non vuole una frontalità contemplativa, ma il movimento del corpo che vive la trasfigurazione estetica senza alcuna distanza. Alla festa dell'accumulo della città moderna, Raimondo Galeano risponde con quella selezionata della pittura, fatta costruttivamente di interventi cromatici meditati eppure pieni d'abbandono. La forza dei colori non è mai aggressiva o competitiva, semmai rinviante ad una nostalgia di totalità. Non incombe sull'uomo questa pittura ma si propone di coabitare con lui, accompagnandolo nel dentro e fuori del quotidiano, come uno stato di esistenza reso visibile e silenziosamente insinuante nella dimensione disadorna dell’esistenza. “Non procurare mai vergogna agli altri” ci ha insegnato Nietzsche. L'arte che si mette fuori dalla superbia logocentrica della pittura occidentale, giocata quasi sempre sulla bravura della tecnica e della esecuzione, sulla superiorità di un procedimento e di un prodotto semplicisticamente stupefacente. La cupola di pittura qui è protettiva e mai invadente o frontalmente alternativa. Dunque non produce vergogna o senso di inferiorità a chi non è aduso alle tecniche dell’ arte. Qui l'artista è artefice di una costruzione di moralità, un’architettura dipinta coinvolgente, ma senza l'autorità del barocco occidentale che voleva piegare il corpo sociale. La delicatezza quasi lirica dell'intervento pittorico indica una diversa strada della contemplazione, fatta di assorbimento progressivo e non di frontale meraviglia. L’intreccio tra astrazione e figurazione diventa l'operazione linguistica di una volontà creativa che vuole attraversare il campo poli sensibile dell'uomo come la musica, sfidando anche la sua iniziale disattenzione. Si mette in moto un'architettura al rallentatore che non denuncia mai il proprio inizio e la propria fine, che non conosce confini spaziali e temporali. Anormale come la pittura stessa che trabocca silenziosamente dalla cornice e, senza rumore come un liquido, si riversa fuori dai recinti assegnati. Flessibile è la pelle di pittura, il tatuaggio segnico e cromatico impresso sulle tele, dilatabile ed elastico, indistruttibile e luminoso, fuori da ogni decadimento. Forte è la mano industriosa dell'artista che si adopera sull'antica architettura per trasfigurarla e nello stesso tempo proteggerla. Intervento prezioso è quello di Galeano che riveste la muta parete col suono cromatico di una pittura viaggiante e nomade, che tocca spazi di molti paesi senza mai perdere la sua identità o cadenza. Come la musica la si può suonare in ogni dove, nella sua flessibilità inossidabile ed incessante capacità di dialogo, l’artista lavora sulla tipologia della cupola e dell'inquadratura, assorbendo mentalmente i luoghi che lo circondano. In tal modo si produce un'estensione estetica della pittura capace di vivere interno ed esterno, attenzione e distrazione sociale, frontalità e lateralità dello sguardo. La dilatazione diventa la possibilità della pittura di avere un corpo organicamente in crescita, in ogni caso in sviluppo per contrazione ed espansione. Un corpo senza membra definite e delimitate. I punti di sosta sono rappresentati dai quadri come campi di rallentamento e condensazione della pittura, disseminazioni di centralità preziose che racchiudono e sinterizzano il processo creativo. In definitiva, l’artista realizza una frontiera tra arte e vita, una cerniera per lo sguardo sociale che può oscillare tra l’inerzia del quotidiano e l'intensità del campo estetico in un movimento di delicata continuità. Questo è l'aspetto laico di un'opera incessante e febbrile che si applica al grande ed al piccolo formato, nella consapevolezza di un gesto eccellente e magnanimo capace di creare un corto circuito tra l’io dell'arte ed il noi del mondo. L'intreccio stilistico tra astrazione e figurazione fondano un nuovo modello visivo inedito e inesplorato: il figurabile di Raimondo Galeano. In fondo la ricerca dell'artista italiano, dunque, supera ogni stanzialità col proprio territorio culturale e vive un rapporto dialettico con la produzione artistica e scientifica degli altri paesi. Tra Tao e Zen, tra vertigine e calma, tra verticale e orizzontale, il figurabile di Galeano rompe la visione della prospettiva occidentale, che impone un unico punto di vista, ed apre invece ad una visione molteplice ed in eterno movimento. Ecco affermata la luminosità spirituale e la preveggenza scientifica.